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I Percorsi



Sentiero del Parco

DISTANZE E TEMPI DI PERCORRENZA
Tutto il percorso si snoda per una lunghezza di circa quattro chilometri e mezzo e si compie agevolmente in circa tre ore di cammino.

COME SI ACCEDE
Il punto di partenza è il Santuario della SS. Trinità che si raggiunge dal centro di gaeta percorrendo Via Munazio Planco e seguendo le indicazioni poste lungo la strada. La macchina si può posteggiare nel parcheggio antistante il Santuario.

ITINERARIO E NOTIZIE
Non sono molte le zone in cui, come a Monte Orlando, si concentrano in pochissimo spazio bellezze naturalistiche, luoghi di culto e di mistero, testimonianze storiche ed archeologiche.

In un unico ed agevole percorso l’itinerario delle polveriere, accessibile a tutti, è possibile scoprire molte delle più suggestive caratteristiche del parco.

Arrivati al Santuario della SS. Trinità, si inizia con la visita alla Montagna Spaccata, la spettacolare fenditura che taglia in due la roccia calcarea del promontorio, arrivando fino al mare e che la tradizione vuole originata dal terremoto che scosse la terra quando Cristo spirò sulla croce. Dalla terrazza costruita sopra la Cappella di S. Filippo Neri, sospesa a metà della spaccatura, si possono ammirare dei bellissimi esemplari di palma nana che sporgono dalle pareti rocciose a strapiombo sul mare.

Risalendo e svoltando a destra prima del cancello d’uscita si raggiunge la Grotta del Turco. Ci sono 270 scalini da discendere e poi risalire, ma lo sforzo è più che compensato dallo stupendo spettacolo naturale offerto: una maestosa cavità nella roccia dove le onde si infrangono con tutta la loro potenza rimbombando sotto la volta e regalando magnifiche suggestioni legate a storie di pirati che in epoche passate hanno usato la grotta come nascondiglio.

Riprende il sentiero subito a sinistra, oltrepassando un cancello che i frati del convento tengono sempre aperto e ci si inoltra nel bosco, non senza prestare attenzione alle mura romane, ultimi resti di una villa attribuita a Lucio Munazio Planco (I sec. A.C.).
Il bosco è dominato prevalentemente da lecci ed offre una gradevole frescura anche durante la stagione estiva. Nel sottobosco mirto, lentisco e cisto. Dopo una piccola serie di tornanti, il sentiero si apre su una vecchia strada asfaltata, chiusa al traffico da quando è stato istituito il parco.

Procedendo verso destra, si intravede subito, sebbene in parte nascosto dalla vegetazione, l’ingresso della polveriera Carolina, una delle numerose strutture militari edificate durante la dominazione borbonica. Le opere di fortificazione del promontorio furono iniziate da Ferdinando il Cattolico e terminate nel 1530 da Carlo V, che fece costruire un imponente sistema di mura difensive, visibili ancor oggi, a ridosso delle falesie, rendendo il promontorio praticamente inespugnabile dal mare. A Ferdinando IV è invece attribuita la costruzione, nella seconda metà del 1700, delle polveriere Torre d’Orlando, Carolina, Ferdinando e Trabacco, con una capienza complessiva di 27 mila quintali di polvere. Una potenza di fuoco immensa per l’epoca.

Dopo la sosta alla polveriera Carolina, si prosegue a destra fino a giungere d una biforcazione, e lì si prende il sentiero che sale a sinistra giungendo ala polveriera Ferdinando. Lungo il percorso sono ancora visibili resti di costruzioni romane inglobate nella tenuta di L. M. Planco.

Visitata la polveriera e ritornati alla biforcazione, si prende ora il sentiero che scende e che conduce all’ultima delle polveriere ancora visibili, la Trabacco. Si gode da qui, a ridosso della falesia che cade a strapiombo nel mare, una veduta meravigliosa che spazia dalle isole ponziane fino ad Ischia.

Si ritorna indietro e si prosegue lungo la strada asfaltata che ridiscende verso il Santuario della Trinità. Lungo il percorso, che si snoda tra un fittissimo bosco di lecci, si possono notare altri resti delle fortificazioni borboniche e di gallerie scavate nel monte ad uso militre. Per chi volesse allungare la passeggiata, si può prendere uno dei numerosi sentieri che salgono al mausoleo di L. M. Planco.







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